Di seguito l’approfondimento del collega Fabio Mandarini in merito al lungo momento no del talento georgiano
Al 66’ della partita di Champions con il Braga, in Portogallo, sotto il diluvio, Khvicha Kvaratskhelia è stato sostituito da Elmas ed è crollato un altro frammento di quel mondo fantastico che era stato in grado di dipingere con l’arte di Kvaravaggio e l’ispirazione di Kvaradona. Oggi, un anno dopo il fenomenale debutto in Champions con il Liverpool, è di un altro esordio europeo che raccontiamo: grigio, cupo, senza lampi se non quelli del cielo. Khvicha non è più l’illusionista che spariva e appariva in area tra uomini trasformati in birilli, e non lo è da un po’. Da aprile, se vogliamo; per la precisione dopo la sosta seguita a Torino-Napoli del 19 marzo. Certo, in questa prima fase della stagione è andata in scena la versione peggiore del meraviglioso giocatore candidato al Pallone d’Oro e al The Best Fifa, ma le radici sono più profonde.
Cinque mesi, troppi: è il momento della scossa, della sveglia, del grande ritorno. Le difficoltà sono palesi come quelle della squadra e come il malumore palesato verso la panchina di Garcia dopo l’ormai famosissima sostituzione di Marassi con Zerbin sul 2-2, all’89’. La seconda, dopo quella con la Lazio al Maradona al 66’ sul 2-1 per Sarri: se il disagio è soltanto tecnico-tattico, beh, tocca a Rudi e al suo staff intervenire, altrimenti serve collaborazione. E comunque Kvara deve darci dentro. Il principio di fondo, però, resta: per il Napoli è un patrimonio e il Napoli ha necessità, e fretta, di tornare a goderselo. Dall’inizio della stagione, invece, è stato tutto tranne che grande calcio: fuori a Frosinone per affaticamento, dentro in corsa con il Sassuolo e un assist a Di Lorenzo foriero di ottimi auspici poi svaniti. Subito: Lazio, Genoa, Braga.
Dove è finito Kvaradona?
Il micidiale esterno sinistro del tridente che infiammava la fascia e il popolo e che ogni tanto andava a giocare dentro il campo, in quest’avvio è stato un esterno con pochi spunti costantemente raddoppiato che ogni tanto viaggia sulla sinistra e molto spesso va dentro al fianco di Osi. Così piace a Rudi, così probabilmente non gli riesce troppo; magari per il momento, eh. Garcia, comunque, è stato diretto anche a Braga: «Ha bisogno di ritrovare ritmo: era importante la fase offensiva, a cui ha partecipato, ma c’è anche la parte difensiva. E non deve essere nervoso perché non segna. Si deve concentrare sul giocare bene e pensare di essere decisivo non solo con il gol, che arriverà da solo, ma anche con gli assist».
L’astinenza dal gol di Kvara
Una sua rete, dicevamo, manca da 187 giorni (oggi), dalla partita del 19 marzo a Torino con il Toro; il primo e unico assist della stagione l’ha servito a Di Lorenzo, il nuovo gemello d’attacco di Osimhen con 2 reti (come Politano). Il fatto, però, è che Kvara un anno fa interpretava fedelmente uno dei più celebri, emblematici aforismi di Muhammad Ali: «Pungi come un’ape, vola come una farfalla». Il campo come un ring d’erba bruciata dai lampi del suo talento. Ma il volo s’è interrotto all’improvviso. O giù di lì: da aprile non è più il giocatore che demoliva partite e avversari con l’arroganza del dittatore. Non sembra più l’illusionista: l’effetto sorpresa è un po’ svanito, è nella natura delle cose, gli allenatori e i difensori sono lì per quello, per fermarlo, ma alla base c’è anche una condizione psicofosica da migliorare. Brillantezza e leggerezza di gamba e di testa. «Non ho paura che gli avversari mi studino, le mie giocate non s’imparano in allenamento. E io comunque lavoro tanto per migliorare», disse una volta. E un’altra, invece, spiegò: «La libertà è il simbolo del mio gioco. È come se mi portasse via». Ecco: sono un po’ sopite la sfrontatezza, la sicurezza e la gioia del suo calcio anarchico. Prima del match con Liston, dopo la metafora dell’ape e la farfalla, Ali disse anche: «Combatti ragazzo, combatti». Così è completa.
Nella conferenza stampa di vigilia, Bologna-Napoli, Rudi Garcia ha speso le seguenti parole nei confronti di Kvara:
“Spero Kvara trovi il gol in fretta, gli ho parlato, se si concentra solo sul gol non lo fa mai. Deve fare il suo gioco, con leggerezza nella testa, avendo piacere di giocare, anche di difendere. Questo vale per tutti, così tornerà in gol e tornerà la fiducia”.